venerdì 11 novembre 2011

La psicosi puerperale...quando le mamme sono tristi!

Tra i disturbi psicologici che si possono riscontrare dopo la nascita del bambino, la situazione più preoccupante è rappresentata dalla psicosi post-partum. 
Fortunatamente, si verifica in un numero limitato di casi, 2-3 casi per mille nascite. L’etiopatogenesi delle psicosi puerperali risulta essere piuttosto complessa: il rischio di sviluppare questa patologia, risulta essere più alto nelle primipare.
 La presenza di disturbi psichiatrici nella storia personale della donna costituisce un altro importante fattore di rischio; in particolare, donne con un disturbo affettivo hanno circa il 50% di probabilità in più di sviluppare una psicosi (Harrington R., 1995) ma, allo stesso tempo, si è osservato che questa tipologia di psicosi può insorgere anche in donne che prima della gravidanza sembravano essere psicologicamente sane (Raphael-Leff J., 1990).
 Secondo alcuni Autori, la presenza di eventi traumatici nel corso dell’anno precedente al parto, uno scarso supporto ambientale, una situazione conflittuale con il partner, il parto cesareo sembrano aumentare la possibilità d’insorgenza di una psicosi (Asch S., 1992).
 Per quanto riguarda i fattori biologici implicati nella patogenesi delle psicosi post-partum, le conoscenze sono ancora scarse.
 L’esordio di questo quadro è acuto, la sintomatologia si manifesta entro le prime settimane dal parto e consiste in sintomi affettivi, come depressione e mania, associati a deliri, allucinazioni, disorganizzazione del comportamento, disorientamento e confusione mentale. La donna si ritira in se stessa, è triste, apatica e trasandata, presenta insonnia e inappetenza; rifiuta il suo bambino, affermando di non sopportarlo e di non volerlo vedere.
 I contenuti dei deliri sono collegati all’esperienza della maternità e generalmente riguardano la vita e la salute del bambino (Monti F., Agostani F., 2006) e ciò risulta essere un grave fattore di rischio per la salute del piccolo.
 In situazioni particolarmente difficili, come nel caso di disaccordi coniugali, di gravi difficoltà economiche o nel caso di una madre nubile o abbandonata, potrebbe verificarsi l’infanticidio, spesso accompagnato dal suicidio della madre.
 Alla base del desiderio di voler uccider il figlio, c’è la fantasia cosciente secondo la quale il bambino soffre e soffrirà sempre di più e solo la morte potrà salvarlo (Racamier P. C., 1978; Rubertsson C., Waldenstrom U., Wickberg B., Radestad I., Hildingsson I., 2005).
 La durata della malattia varia da un paio di mesi fino ad un massimo di otto e la prognosi, nella maggioranza dei casi, è buona.
 Inoltre, è stato rilevato che il momento dell’insorgenza delle psicosi puerperali sembra essere un fattore molto importante nel determinare la qualità del legame tra madre e figlio e il successivo sviluppo del bambino (Raphael-Leff J., 1990). 
Lamour (1989), esplorando gli effetti della psicosi materna sui bambini, ha rilevato un’accentuata presenza di disturbi dell’attaccamento e difficoltà a controllare gli impulsi aggressivi come conseguenza dell’incapacità della madre di interpretare l’espressione affettiva del bambino.
La gestione delle psicosi puerperali richiede interventi medici, psicologici e di assistenza articolati, a seconda della gravità della sintomatologia.
 Nelle forme più gravi è necessario il ricovero della donna in ambiente protetto e il trattamento con neurolettici.


Dott.ssa Nicolina Lo Mastro

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