domenica 23 ottobre 2011

La gravidanza: tra cambiamenti somatici e corrispondenze psicologiche.


Molti autori concordano nel considerare la gravidanza come un  vero e proprio evento psicosomatico.
A tal proposito, diversi studi hanno cercato di individuare delle regolarità psichiche in corrispondenza delle trasformazioni che il corpo subisce nel corso dei nove mesi di gravidanza. Di particolare importanza è la percezione dei movimenti fetali, che viene considerata un momento fondamentale nella riorganizzazione dell’assetto psichico della gestante.
La Bribring (1959, 1961) parla di due importanti “compititi adattivi” della donna in relazione a due stadi della gravidanza: nei primi mesi dopo aver scoperto di portare in grembo una creatura, la gestante accetta e considera il feto come parte integrante di sé, in uno stato di fusione. I primi movimenti fetali, invece, segnano il momento in cui la donna, avvertendo la presenza del bambino, comincia a considerarlo come altro da sé, rompendo l’unità narcisistica precedente. A questo punto inizia il secondo compito che consiste nella riorganizzazione degli investimenti oggettuali per prepararsi all’evento nascita e alla separazione fisica dal bambino.
Un’altra autrice che sottolinea l’importanza della suddivisione della gravidanza in stadi è la Pines (1972, 1982). L'Autrice individua quattro fasi, mettendo in evidenza le corrispondenze tra le fantasie e le manifestazioni somatiche che si verificano.
Nel periodo iniziale la donna è molto concentrata su se stessa, sulle modificazioni che subisce il proprio corpo, come la crescita del seno e della pancia, le alterazioni del ritmo del sonno e la stanchezza. Il vomito, la nausea e le voglie sono considerati dei disturbi psicosomatici e indicano la presenza di ambivalenza nei confronti della gravidanza e del bambino, esprimendo da una parte il desiderio di espulsione del feto e dall’altra il tentativo di incorporarlo nuovamente in una fusione indissolubile.
Con la percezione dei primi movimenti fetali, ha inizio la seconda fase: il bambino viene riconosciuto nella sua individualità. In questo stadio aumentano le fantasie materne, sia consce che inconsce, sul feto e sulle sue caratteristiche, al quale vengono attribuiti i propri connotati.
Gli ultimi giorni della gravidanza costituiscono la terza fase; sono pervasi dalle preoccupazioni materne riguardanti il travaglio, il parto e la salute del bambino al momento della nascita. 
La gravidanza si conclude con il parto, il quarto stadio; in questa fase, avviene la separazione fisica tra il bambino e la madre e finalmente vi è l’incontro con il bambino reale; notevoli sono i cambiamenti corporei che si verificano. 
Le modalità in cui queste fasi vengono affrontate ed elaborate dalla donna inciderà sul suo sviluppo psichico e relazionale nei confronti del bambino.
Precedentemente si è accennato a come la gravidanza non sia solamente un periodo caratterizzato da gioie e speranze, ma spesso si presenta come un periodo caratterizzato da timori e angosce che, pur accompagnando tutta la gestazione, si presentano in maniera più evidente in prossimità del parto. 
Soifer (1971) individua sette momenti, in cui a particolari stati fisici è associato un eccesso di angoscia ben preciso. Nel primo mese l’ansia è legata all’incertezza sull’avvenuto concepimento e sulle proprie capacita di accudire successivamente il bambino. Fino al terzo mese, in ogni gravidanza, è alto il rischio di aborto ed esso viene messo in relazione alla paura che l’embrione non si sia annidato in modo consono nel ventre materno e pertanto ciò è vissuto in modo persecutorio. Dal quarto al quinto mese, diventano percepibili i movimenti del feto, che possono venir negati, oppure inconsciamente interpretati come segni minacciosi del bambino. Negli ultimi mesi della gestazione, la madre avverte movimenti più accentuati del bambino, provocando altre angosce inconsce che si manifestano a livello somatico, per esempio con crampi e ipertensione. Inoltre possono essere presenti paure di svuotamento e di perdita, innescati dal timore di una nascita pretermine. L’ultimo mese di gestazione è caratterizzato dall’insorgenza di incertezze sulla data del parto; l’eccesivo aumento di peso e delle dimensioni del bambino sono fonte di preoccupazione per la salute del bambino. Gli ultimi giorni precedenti al parto, contemporaneamente alla percezione delle prime contrazioni uterine, sono caratterizzati dall’angoscia di non riuscire a partorire, della paura dei dolori del travaglio e della morte propria e del bambino. Riemerge anche il conflitto tra il desiderio di trattenere il feto e quello di espellerlo, presente già all’inizio della gravidanza.
A proposito delle ansie riguardanti il parto, che si manifestano con maggior intensità negli ultimi mesi della gravidanza, la Breen (1992) mostra come il parto determina una separazione e pertanto implica delle paure; queste angosce sono controbilanciate dalla curiosità e dall’entusiasmo di incontrare il proprio figlio e sono talmente importanti da poter influenzare la durata del travaglio. La nascita di un bambino sano è fonte di rassicurazione e gioia, ma nello stesso tempo emergono tre “sensazioni di perdita”: quella della condizione di pienezza, innescata dalla gravidanza, in quanto il parto è vissuto come il termine di un’esperienza; la perdita del “bambino interno”, poiché partorire significa separarsi da un compagno che è rimasto costante per nove mesi; la perdita del “bambino fantasticato” e del proprio sé nel ruolo materno idealizzato, poiché il bambino reale può non avere tutte le caratteristiche attese e la madre stessa può scoprire che non ha tutte le capacità per accudirlo. Secondo l’Autrice, quest’ultima perdita è quella tra le più difficili da elaborare, in quanto possibile causa di delusioni e di tristezze dopo il parto.
Un’altra suddivisione della gravidanza in stadi è proposta dalla psicoanalista Raphael- Leff (1990). L’autrice evidenzia un’analogia tra i tre periodi individuati e le tre fasi del rapporto madre-bambino della Mahler (1975). I primi mesi di gravidanza sono caratterizzati da uno stato di “inattività vigile”, paragonabile alla fase “autistica normale”, dove la gestante è molto concentrata su se stessa per raggiungere uno stato di gioia e di benessere. Successivamente, con la percezione dei movimenti fetali, la donna comincia ad accettare la presenza del bambino, integrandola nell’immagine di sé. È la fase dello “schiudersi”, che può essere paragonata alla fase “simbiotica” della Mahler. Infine, la terza fase, che termina con il parto, comporta il “riavvicinamento” della madre al proprio bambino.
Si può notare come tutti gli autori citati siano concordi nell’evidenziare quanto siano incisivi sul vissuto materno i primi movimenti fetali. De Benedetti Gaddini (1992) sostiene che la preoccupazione materna primaria ha inizio proprio con la percezione dei primi movimenti fetali.
Con l’espressione “preoccupazione materna primaria” si fa riferimento a quel particolare stato della mente che la donna sviluppa dell’ottavo mese di gravidanza e permane fino al terzo mese di vita del bambino, che era stato descritto da Winnicot nel 1956. È una particolare condizione psichica, molto simile ad una malattia, caratterizzata dal completo assorbimento della madre nei confronti del proprio bambino, per entrare in sintonia con lui e con i suoi bisogni. La presenza di questa sensibilità materna, oltre ad essere fondamentale nell’anticipare e nel rispondere prontamente ai bisogni del neonato, è importante per porre le basi dello sviluppo della psiche del bambino. Infatti nel caso in cui la madre non sia stata in grado di tollerare la presenza di queste preoccupazioni, lo sviluppo del bambino subirà delle conseguenze.
Infine, per concludere questa breve trattazione circa l’influenza del rapporto tra modificazioni fisiche e cambiamenti nell’assetto psichico, intendo focalizzare l’attenzione su quanto, in gravidanza, l’aumentata produzione di ormoni, quali gli estrogeni e il progesterone, sia fondamentale per la comparsa dei comportamenti materni. Conseguente a quest’aumento ormonale è la modificazione della struttura stessa del cervello materno; in alcune aree aumentano le dimensioni dei neuroni, mentre altre modificano la loro struttura, dimostrando che la maternità migliora le capacità mentali della madre (Ammaniti M., 2008).


Dott.ssa Nicolina Lo Mastro

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